giovedì 7 gennaio 2010

silenzio

stamattina sono stata catapultata sulle rive di un fiume. il più grande fiume del myanmar - dove si vive non solo sulle sue rive. mi hanno abbandonata in un paesino, uno di quegli sputi là, con le palafitte di bambù sotto cui razzolano le galline. non mi ricordo neanche più come si chiamava.
paralizzata, vedevo le cose come in sogno, come attraverso un vetro: non sentivo nulla, anche se vedevo moe moe gridare di gioia e saltargli al collo, e vedevo lei piangere dalla commozione (please don't cry!), e vedevo l'astuccio, i letti in fila, i sorrisi sussurrati, le speranze passate di mano in mano.
volevo rimanere lì. rompere il vetro, mischiarmi a loro, aiutarli, fare qualcosa.
e invece niente. finita l'ora, mi sono trovata al mio solito banco della succursale, a fissare senza vederli i limoni del quaderno di fisica.
e invece niente, mi sono trovata a fissare il mio, di astuccio, pieno di penne e di matite, tutte rigorosamente appuntite, temperate autisticamente ieri pomeriggio.

ma se lo vuoi davvero, le montagne le muovi.
e la luce torna nel mondo.

1 commento:

  1. "Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi
    non avrò vissuto invano,
    se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena
    o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido non avrò vissuto invano"

    ... sono molto contento che qualcuno tra noi, tornato dalle vacanze di natale, possa dirselo con sicurezza di non aver vissuto invano, son contentone che ci abbia assicurato con tutta la sua convinzione che "basta essere persone normalissime" per creare della felicità (quella cosa talmente mostruosa che sembra che neanche dio sia riuscita a tirarla fuori dal suo cilindro) e son contento anche che, pur essendo anche tu rimasta al di là del vetro, davanti al tuo solito banco e ai limoni del libro di fisica, tornata a casa abbia scritto questo post.

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