sabato 28 agosto 2010

telefonofobia

mi sta passando.
quasi.
mi schiarisco la voce prima di fare il numero, e conto gli squilli sperando che in realtà non risponda nessuno - ma ogni volta è un po' più naturale.
divento vecchia.

e ho attaccato gli ultimi volantini in un corridoio pieno di sole
e mi hanno dato una mano, sorridenti,
e non c'erano ragazzi, ed era fuori dal tempo,
e ho sorriso.
ho sorriso, felice, perchè non era più il mio posto ma c'era ancora tutto, e ora so che, se voglio, posso tornare a farmi coccolare.

e poi, vada come deve andare.
"relax, whatever u'll end up doing it will be great."

giovedì 26 agosto 2010

vjera rostòva

[e dire che la sua ansia di onniscienza non risparmia neanche i baffetti di liza...
e non si è mai chiesto in che mondi fuggiva, distogliendo lo sguardo appannato da felicità a cui non era invitata, da risate che sarebbero potute essere sue.]

non è che fosse passato poi troppo tempo, dall'ultima volta che ci ero stata.
210 giorni, mi dice il mostro - e senza questo mare di informazioni inutili non saprei come affogare la noia.
eppure... eppure era cambiato tutto.
con la neve si era sciolta la poesia.
e anche tutti i contorni, gli obiettivi, le storie, le parole, l'euforia, i sogni.
ma era tornato alla luce quello che la neve aveva conservato, nascosto... non so, una sorta di amore malinconico, di affetto per il creato, senza un oggetto preciso.
e amare tutto e tutti, sacrificarsi per sempre per amare significava non amare nessuno, significava non vivere di questa vita terrena, come disse andrej - e forse è per questo che non lo so dire, e ho passato giorni a disegnare spirali su fogli che trovo per caso studiando italiano.

solo che io ho paura del vuoto. come ho paura del buio.

lunedì 2 agosto 2010

senza-legge

passo, passo, passo
ostinazione da mulo, forse.
piano, piano, per andare d'accordo con quell'ammasso di ossa e carne che quest'anno non vuole fare il suo dovere e si rifiuta di correre su, in alto.
va bene lo stesso, in fondo - andiamo piano, piano, ma andiamo.
un passo dopo l'altro, sempre più in alto, e ad ogni passo lasci cadere un pensiero, a segnare la strada del ritorno.
e finalmente trovi il ritmo giusto,
quello che ti permette di pensare a passo di danza, di accordare ogni parola ad un movimento, che ti permette di andare avanti all'infinito e intanto raccontarti storie, creare mondi, riscrivere quello che è stato.
e il bello è che ci credi.
finchè continui a camminare, sei talmente concentrato da credere a tutto, anche le storie che ti racconti da sola.
e allora fuggi, fuggi, e le immagini diventano nitide, e le storie armoniose, lineari, logiche, necessarie. tutto deve essere andato così come stai pensando, per forza.

e all'improvviso... all'improvviso guardi avanti,
e c'è il nulla
- o tutto, ormai non ha più senso distinguerli.
è Gioia,
amore per tutto, la vita, il mondo.

il problema è quando torni giù,
e guardando in alto ti accorgi che non eri tu, a dominare il mondo, ma il mondo che ti ha relegata in esilio su una cima perduta;
e capisci che le storie erano storie, e quella volta, invece di rispondere, hai riso e abbassato gli occhi, e dietro l'angolo non ci sarà nessuno;
e quando leggi nei suoi occhi che si voltano
che in fondo
fai un po' ridere.