sabato 30 gennaio 2010

paranoie

così incredibilmente sola.
così stupidamente sola.
ci sono un sacco di motivi decenti per cui sentirsi soli: se sei fuori dal sistema, se sei contro il sistema, se ti hanno abbandonata piantata tradita, se il mondo cospira contro di te eccetera eccetera eccetera.
e invece no.
quella solitudine stupida, quando ad abbandonarti è l'ottimismo della volontà, e la volontà stessa.
quella solitudine inutile di quando accendi la luce sulla camera in disordine.
quella solitudine gelida di quando torni a casa da sola alle 5 con lo zaino ancora in spalle, e ti chiedi cosa stai facendo. cosa hai fatto, cosa farai.
di quando disegni spirali su un foglio di appunti, sorridi e ridacchi e annuisci.
di quando non dovresti avere tutte quelle paranoie, ma per fortuna non sai quel che sto pensando ora o non saresti qui a parlarmi.
di quando vorresti aiutare, vorresti fare, e invece torni ad aprire il libro di storia, guardando le pagine senza vederle e mangiando nutella.

è proprio stupido, e inutile.

mercoledì 27 gennaio 2010

lo spirituale nell'arte

la profondità la troviamo nel blu. la vocazione del blu alla profondità è così forte, che proprio nelle gradazioni più profonde diviene più intensa ed intima. più il blu è profondo e più richiama l'idea di infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale. è il colore del cielo. se è molto scuro dà un'idea di quiete. se precipita nel nero acquista una nota di tristezza struggente. se tende ai toni più chiari diventa invece indifferente e distante. più è chiaro, meno è eloquente, fino a giungere a una quiete silenziosa: il bianco.

lunedì 25 gennaio 2010

"emmaus"

io e lei abbiamo un gioco segreto - ci scriviamo di nascosto da noi stessi. parallelamente a quello che diciamo e viviamo insieme, ci scriviamo, come se fossimo noi due, ma una seconda volta. di quel che scriviamo in quelle lettere - bigliettini - non parliamo mai. è lì che diciamo, tuttavia, le cose vere.

sabato 23 gennaio 2010

libertà

sottili giochi di equilibri
studiati a tavolino.

(ma rispettare le regole,
è una scelta?)

martedì 19 gennaio 2010

...è un periodo da parole altrui.

in coro con me cantate:
sapere, nulla sappiamo.
arcano, il mare da cui veniamo.
ignoto il mare in cui finiremo.
posto tra i due misteri
è il grave enigma: tre
casse che chiuse una perduta chiave.
la luce nulla illumina,
il sapiente nulla insegna.
la parola dice qualcosa?
l'acqua, alla pietra, dice qualcosa?

antonio machado, da "proverbios y cantares"
tradotto da guido ceronetti

domenica 17 gennaio 2010

le città e gli scambi. 2.

a Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. al vedersi immaginano mille cose uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano.
passa una ragazza che fa girare un parasole appoggiato alla spalla, e anche un poco il tondo delle anche. passa una donna nerovestita che dimostra tutti i suoi anni, con gli occhi inquieti sotto il velo e le labbra tremanti. passa un gigante tatuato; un uomo giovane coi capelli bianchi, una nana; due gemelle vestite di corallo. qualcosa corre tra loro, uno scambiarsi di sguardi come linee che collegano una figura all'altra e disegnano frecce, stelle, triangoli, finchè tutte le combinazioni in un attimo sono esaurite, e altri personaggi entrano in scena: un cieco con un ghepardo alla catena, una cortigiana col ventaglio di piume di struzzo, un efebo, una donna-cannone. così tra chi per caso si trova insieme a ripararsi dalla pioggia sotto il portico, o si accalca sotto un tendone del bazar, o sosta ad ascoltare la banda in piazza, si consumano incontri, seduzioni, amplessi, orge, senza che ci si scambi una parola, senza che ci si sfiori con un dito, quasi senza alzare gli occhi.
una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la più casta delle città. se uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d'inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d'urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe.

(les ombres errantes)

tout est perdu.
tout est égaré comme la goutte d'eau dans la nappe immense de la mer.
qu'est-ce que la mer?
chaque océan est une larme du temps.
qui pleure au fond de l'Etre?

martedì 12 gennaio 2010

scrivere

fluttuo in una malinconia blu.
il blu è il colore dei miei pensieri, che si rincorrono come onde, senza fretta, senza scosse - il blu è un colore meravigliosamente fluido, indefinito, si adatta alla dolcezza e alla rabbia allo stesso modo.
versatile.

fluttuo, dicevo, ai limiti dell'oblio, come tutte le volte che ho tempo.
overdose di potere, delirio di onnipotenza, è un adagiarsi su nuvole azzurrine che accolgono le tue isterie, e le cullano finchè non si addormentano col sorriso sulle labbra: e il ticchettio dell'orologio scandisce i tuoi pensieri, e li accompagna.
è tempo rubato, ma questo non importa: non c'è bisogno di riciclare il tempo sporco, perchè non rimangono tracce dei delitti metafisici.

fluttuo e penso, un sorriso pigro all'angolo della bocca, penso agli angeli, e ai mondi paralleli.
penso a come io viva delle parole altrui, come idolatri chi sa raccontare.
a come chi idolatro sappia raccontare.

non c'è nulla di logico, se non una smisurata ammirazione.
soprattutto per chi non ha bisogno di raccontare, di scrivere - ma regala qualcosa al mondo.
c'è un briciolo di invidia, in effetti: io ho bisogno di scrivere, ma non sono brava. non che questo importi qualcosa - per quel che devo fare, basta saper mettere in fila tre parole, e avere qualche amico misericordioso che le legge, per farmi un favore. la scrittura diventa, per me, un mezzo per dire quel che non dico, per inviare messaggi subliminali, per sentirmi un po' più viva.
ma è una scrittura troppo incentrata su di me per creare davvero.
forse creo di più quando leggo. lì sì, che la mia tendenza a riversarmi in quel che faccio può essere utile - trasfusione di vitalità a parole di altri, che hanno di che nutrire i mondi di cui sono portavoce.

scrivete delle storie, per me.

lunedì 11 gennaio 2010

libere associazioni mentali (tanto per far prendere aria ai neuroni, in realtà)

oggi - sole - accompagnate - puttane.

casual relationships - che è diverso da casual sex, evidentemente. chissà se è possibile davvero, o se devi essere un raggio di sole caduto dal cielo per accettare fino in fondo che le cose vadano dove la Sorte le conduce. spero che basti saper sbrilluccicare un po', in realtà...
in italiano, non c'è una parola analoga. se dichiari di perseguire il contrario dei piaceri catastematici, non capisce nessuno - e poi non è proprio così. una casual relationship si basa sull'assunto fondamentale che il futuro non è prevedibile nè influenzabile - o che quantomeno non ne vale la pena. o non ne hai voglia. o rovinerebbe il momento. per cui, concentrati su quel che ti fa piacere ora, e se domani non ti andrà più, amen.

...non è proprio una concezione ciclica, più che altro a spirale. torni al punto di partenza, sì, ma nel frattempo sei cambiato... e ogni sintesi diventa una nuova tesi, a cui si contrappone una nuova antitesi, in un processo infinito.
(e in effetti, non è proprio un deja-vu)

"cavolo, temo proprio che questa roba di fisica di piaccia!" (c'è un motivo se non scelgo, baby)

oggi ho studiato per due ore e mezza di fila. erano secoli e secoli che non mi capitava, e mi ha fatto sentire stranamente bene. forse dovrei farlo più spesso. e magari non proprio all'ultimo secondo.

sto facendo scoppiare una marea di palloncini, ultimamente. non con l'accendino da ubriaca, come gli amici, di ceres... no, lucidamente e all'antica, con uno spillo.
chissà perchè lo faccio.
voglio dire, a volte la Sorte complotta contro di me, e contro i miei maglioni azzurri che mi rappresentano tanto bene.
ma a volte, sono proprio io.
vabbè. l'unico problema è che poi mi mancano.

giovedì 7 gennaio 2010

silenzio

stamattina sono stata catapultata sulle rive di un fiume. il più grande fiume del myanmar - dove si vive non solo sulle sue rive. mi hanno abbandonata in un paesino, uno di quegli sputi là, con le palafitte di bambù sotto cui razzolano le galline. non mi ricordo neanche più come si chiamava.
paralizzata, vedevo le cose come in sogno, come attraverso un vetro: non sentivo nulla, anche se vedevo moe moe gridare di gioia e saltargli al collo, e vedevo lei piangere dalla commozione (please don't cry!), e vedevo l'astuccio, i letti in fila, i sorrisi sussurrati, le speranze passate di mano in mano.
volevo rimanere lì. rompere il vetro, mischiarmi a loro, aiutarli, fare qualcosa.
e invece niente. finita l'ora, mi sono trovata al mio solito banco della succursale, a fissare senza vederli i limoni del quaderno di fisica.
e invece niente, mi sono trovata a fissare il mio, di astuccio, pieno di penne e di matite, tutte rigorosamente appuntite, temperate autisticamente ieri pomeriggio.

ma se lo vuoi davvero, le montagne le muovi.
e la luce torna nel mondo.

mercoledì 6 gennaio 2010

odiochemifaccianostoriel'unicavoltachesonoinritardoperchèsonoalcomputer

mi sono dimenticata di salvare.
peccato, le parole sono sempre una consolazione, un supporto - almeno finchè manent: ormai, anche gli scripta volant... o tempora o mores.

parole... sì, sono indubbiamente un valido surrogato ad una scalata, almeno finchè vengono lette.
si instaura uno strano rapporto tra chi scrive, chi legge e le parole: sono veicoli, messaggeri, trasportatori di linfa vitale. la rubano a chi legge per portarla al loro creatore... e se non vengono lette, si rivoltano contro chi le ha buttate allo sbaraglio nel mondo sbagliato e lo strangolano, piccoli infidi vermicelli di lettere. per cui leggete, leggete sempre: salverete delle vite.
d'altronde, è il giusto prezzo per un potere assoluto, quello di creare. chi scrive, come chi compone, chi suona, chi dipinge, crea. è un po' romantica, come visione, d'accordo - ma sono circondata da romanticismo, è inevitabile. l'ambiente influenza sempre.

maybe I found a treasure.
potrebbe anche non essere male, in realtà: non è quello che si chiede sempre al genio magico?
chissà cosa chiederei io, ad un genio. non so, ho tanti desideri da se-il-mondo-fosse-diverso, ma nessuno che vorrei realmente mettere in atto qui&ora, sarei costretta a dire addio a tutti gli altri.

martedì 5 gennaio 2010

la vita (disegno preparatorio)

quello vero è diverso. l'albero è più grande, ti fa venire voglia di seppellirtici dentro e rimanere lì, in vortice di colori, sogno nel sogno - a sbirciarla di nascosto, la vita.
ma qui, nella preparazione della vita, non c'è bisogno di nascondersi e proteggersi, e puoi ballare coi musici.
exceptis admodum paucis ceteros in ipso vitae apparatu vita destituat perchè prepararla, la vita, è quasi più emozionante che viverla sul serio: nessuno (o quantomeno admodum pauci) vuole smettere di sognare per trasferirsi nella realtà.
ma se decidi di ritirarti in un sogno, in un quadro di chagall, dev'essere una scelta definitiva. dopo una catastrofe del genere, per rimettere le cose a posto ci vuole parecchio.
stand-by.
tanto, tra un po', si torna a casa.

domenica 3 gennaio 2010

dubbi

"who sat in boxes breathing in the darkness under the bridge, and rose up to build harpisichords in their lofts,
who threw their watches off the roof to cast their ballot for Eternity outside of Time,
who lounged hungry or lonesome through Houston seeking jazz or sex or soup, and followed the brilliant Spaniard to converse about about America and Eternity,
who wandered around and around at midnight wondering where to go, and went, leaving no broken hearts"

gli spicchi di infinito mi salvano sempre... grazie.
oggi è una giornata strana, che scorre oleosa, lasciandoti un sapore strano in bocca, lasciandoti la sensazione di non aver fatto quel che dovevi, di stare perdendo tempo nel modo sbagliato, di stare creando fumarole omicide nelle isole.
forse dovrei fare qualcosa, invece che stare a guardare mondi creati dentro bolle di sapone.
chissà, forse, poi, la strada che lega questi mondi è lastricata di poesie.

sabato 2 gennaio 2010

simboli

perfetta unione di corpo e spirito, sintesi della doppia natura umana. non puoi affidarti ad oggetti deperibili, no, ma neanche al semplice pensiero: è difficile rimanere concentrati, la memoria si sfalda... serve un promemoria, un rimando, un aiuto. e regalare simboli è la cosa migliore del mondo - non importa se gli altri non capiscono, tu hai detto quel che ti premeva, l'hai sussurrato nel modo più dolce possibile.

il punto è che mi sento estremamente in debito col mondo.

ma che succede se i simboli devono fare i conti con la Realtà? se esistono solo nella mia testa, ma io agisco nel mondo...
tu, ad esempio. esisti? esisti davvero, così come mi ti mostri, come io ti immagino? la tuo ousia, è bella come il tuo fenomeno, come la mia rappresentazione di un te supposto? se non c'è, non è un problema, basta che esista nel mio pensiero... è se tu, mio lettore confuso, sei diverso da come io ti penso, e me lo sbatti in faccia, che iniziano i problemi.

(capodanno)

c'è un momento, mentre guardi i fuochi d'artificio, in cui la singola illusione smette di essere. subito prima, però, si ferma, cristallizzata in una miriade di minuscoli frammenti.
e il tempo smette di esistere, si annulla, e lascia scappare i sogni in dimensioni alternative, parallele, irraggiungibili. tante piccole comete, guide delle speranze di popoli interi, che fuggono da questo mondo sempre uguale.
mi piacerebbe seguire quei brandelli di speranza, "fuggire dall'orbita/e non voler ritornare".
chi viene con me?

triade

tre è il numero perfetto,
e le parentesi quadre sono porte per altri mondi.
se rimani imprigionato nella barriera gelatinosa dello specchio, puoi fuggire solo volando sulle parole di altri.
parassiti della fantasia, nascosti sotto il vello delle capre di polifemo o portati dal cavallo bianco del principe azzurro, ci facciamo salvare da mondi grigi.
(notare il plurale maistatis, e la vocazione cromatica)
ma attenti a non chiudersi in altre prigioni, più infide, dorate - il vero saggio è autonomo.

io non sono saggia, no.
dipendente dal'altro, dall'esterno, dal non-io, dalla natura - dipendente dall'affetto, dalla comunicazione: quando inizi ad addormentarti col cellulare in mano, e a guardarlo spasmodica alle 3 di notte, forse vuol dire che da sola non sei più nulla.

dichiarazione di poetica, manifesto

voglio far vivere. far resuscitare cose, come Cristo che rinasce quando piove col sole. voglio scrivere, perchè i pensieri premono le tempie e la malinconia creatrice dev'essere condivisa.

è evidentemente il periodo, la magia arcana nata da secoli di ardore fedele che ancora non siamo riusciti a distruggere - le speranze altrui sono un sentiero per l'iperuranio.
ma questa volta nuoto, invece che saltellare, e noto a rana, per annullarmi in istanti liquidi e ritrovare me stessa in bollicine traslucide. in questo pallore opalescente, indolente, sognante, mi sento spiata. è strano, di solito l'attenzione va rubata, strappata a forza: è quello che faccio con le risatine, gli urli, le storie. si raccatta interesse e lo si tiene sotto controllo, nello stesso momento.

nuoto nel vasto mare dell'essere, cercando corrispondenze tra le cose - e le esprimo in simboli incomprensibili, unione perfetta di corporeità e spiritualità, natura e soggetto, specchio dell'Assoluto. non importa, in fondo, se sono incomprensibili: voglio urlare cose che gli altri non devono, in realtà, sapere - se le dico e non capiscono va bene.

la Realtà? è pensiero, sogno, emozione. venite con me a rubare sogni ai bambini, ad ascoltare il respiro del mondo: vi seguo, ma dovete continuare a raccontare, al ritmo delle onde.

premessa

vi è mai capitato di avere troppi pensieri per la testa?
ecco.
io devo scriverli. ma buttarli giù sulla carta e chiuderli in un cassetto sembra così sterile... meglio sigillarli in una bottiglia e lanciarli in mare. c'è sempre la speranza che qualcuno legga, e capisca.
purtroppo, il mare scarseggia, dalle mie parti... per fortuna c'è internet.